Appunti sul testo "Pedagogia del corpo" per l'omonimo esame. La disciplina si occupa di riabilitare il corpo, spesso assente o imbrigliato nel discorso pedagogico. Al contrario, proprio trasferendo i principi che stanno alla base dell’educazione corporea nelle sue diverse forme (come la psicomotricità, la danza, le tecniche di rilassamento e di utilizzo della voce, il teatro, nonché i molteplici metodi di cura e le tecnologie formative artistiche a mediazione corporea), nei vari ambiti formativi si possono integrare saperi ed esperienze per una pedagogia davvero globale.
Pedagogia del corpo
di Adriana Morganti
Appunti sul testo "Pedagogia del corpo" per l'omonimo esame. La disciplina si
occupa di riabilitare il corpo, spesso assente o imbrigliato nel discorso
pedagogico. Al contrario, proprio trasferendo i principi che stanno alla base
dell’educazione corporea nelle sue diverse forme (come la psicomotricità, la
danza, le tecniche di rilassamento e di utilizzo della voce, il teatro, nonché i
molteplici metodi di cura e le tecnologie formative artistiche a mediazione
corporea), nei vari ambiti formativi si possono integrare saperi ed esperienze
per una pedagogia davvero globale.
Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
Facoltà: Scienze della Formazione
Corso: Scienze dell'Educazione
Esame: Pedagogia del corpo
Docente: Ivano Gamelli
Titolo del libro: Pedagogia del corpo
Autore del libro: Ivano Gamelli
Editore: Universale Meltemi
Anno pubblicazione: 20061. Definizione di pedagogia del corpo
Il termine “pedagogia del corpo” è quasi inedito: la teoria educativa ha sempre guardato alle discipline del
corpo ma mai al corpo stesso. Ciò è accaduto perché il corpo non si presta ad essere studiato ‘a distanza’.
Noi abitiamo il nostro corpo: per aprirci alla ricerca dei suoi significati è necessario fare i conti con un
vissuto che implica la soggettività di chi ricerca. Il nostro corpo è abitato, e la corporeità presenta una
natura complessa e paradossale.
La pedagogia del corpo si fonda sulla consapevolezza di un desiderio e di una mancanza.
La preparazione degli educatori professionali è oggi sviluppata solo in aule universitarie e non è disponibile
ad una formazione corporea che metta in gioco le emozioni e i sensi di tutti. La pedagogia del corpo è una
attitudine formativa trasversale segnata dalla dimensione della scoperta, dell’apertura ai sensi, e intende
rivisitare criticamente gli abituali scenari dell’educazione e della cura dove troppo spesso il corpo è assente.
La pedagogia del corpo trasferisce quindi nei vari ambiti formativi i principi che stanno alla base
dell’educazione corporea proponendo linguaggi, scenari e strategie spesso trascurati o dati per scontato. I
saperi devono oggi essere incarnati,, ricondotti ad una storia ed intrecciati alle biografie. Educare in questo
sento significa impegnarsi per dar corpo ai pensieri e per mobilizzarne i discorsi. Serve anche allontanarci di
molto, fare esperienze fuori luogo, per comprendere ciò che ci è più vicino.
Adriana Morganti Sezione Appunti
Pedagogia del corpo 2. Il corpo in gioco – la natura psicomotoria del bambino
Nei giorni successivi al concepimento l’embrione è una struttura piena indecifrabile, e man mano che si
sviluppa si divide in due zone, di cui una cava detta ‘cieloma’, cioè cavità del cielo. Questa cavità non
comunica con l’esterno, e l’embrione ancora non respira ma dipende dal suo sangue e da quello della madre.
Il bambino continua a crescere circondato e protetto dall’acqua, mentre lo spazio del cieloma iniziale è
sempre lì. Quando il bambino nascerà, inizierà a vivere grazie all’aria che respira da solo.
Già prima di nascere il bambino è un essere che esiste nel desiderio della madre, è un essere atteso e
sognato. Nascendo il bambino scopre le dimensioni del malessere e del benessere che vengono associati a
determinate parti del corpo. Dato che ogni mamma parla al suo bambino, il suo sviluppo emotivo è
profondamente legato al riflesso di sé che coglie sul volto della madre. Anche se piccolo, il bambino impara
a riconoscere e esprimere le proprie emozioni, comunicandole attraverso la globalità del proprio corpo e
recepite dalla madre. Quello del bambino è un universo magico, animato dall’attività del sistema sensorio
globale riconducibili a categorie come l’equilibrio, il tono, la posizione…
Il bambino reagisce all’adulto che gli parla e che fa alcuni movimenti, e quando potrà parlare a sua volta
continuerà a riproporre gli stessi gesti.
Le radici delle emozioni sono nel corpo e sono legate al dialogo tonico, al gioco espressivo e comunicativo
sotteso all’alternanza di contrazioni e decontrazioni muscolari. Il carattere di ciascuno di noi dipenderebbe
da come le qualità dinamiche sono state introiettate. Una piena sintonizzazione corporea produce importanti
risultati sull’apprendimento soprattutto se lo si considera con una rappresentazione stratificata, dove nulla si
perde e le nuove esperienze si sovrappongono.
Adriana Morganti Sezione Appunti
Pedagogia del corpo 3. Psicomotricità: una breve storia
Alla fine del 19 secolo il medico francese Philippe Tissié tratta una caso di inabilità mentale attraverso una
nuova disciplina chiamata ginnastica medica. Il malato è un giovane con idee ossessive, collerico e rifiutante
la compagnia, che però cammina molto. Il medico lo sottopone all’esecuzione di esercizi elementari di
coordinazione, flessione, equilibrio; ad intervalli regolari lo costringe a docce fredde. I progressi sono rapidi:
non ha più paura e la possessione deambulatoria è rara. Tissié elaborò questa terapia partendo dalla visione
dell’uomo come riserva di forza e di energia. Nello stato normale la forza è distribuita in modo equo, mentre
sotto impulso l’energia si utilizza in una sola direzione. La volontà costituita con la ginnastica medica è per
Tissié l’agente curativo perché mette ordine nell’orientamento dell’energia.
Nei primi decenni del 1900 l’ospizio parigino della Salpetriere era diretto da Jean – Martin Charcot, uno dei
padri della moderna psichiatria. Egli usava l’ipnosi per studiare i sintomi e teorizzò la complicità tra il
movimento e la sua rappresentazione (faceva percepire al malato un movimento tramite tutti i sensi e ad
occhi chiusi per poi chiedere di riprodurre il gesto con l’arto simmetrico sano. L’intenzione era quella di
ottenere con la ripetizione dei miglioramenti).
Un secolo dopo Bernard Aucouturier tratterà la produzione aggressiva esteriorizzata a partire
dall’accettazione dell’aggressività nei bambini, inserendola in uno spazio ludico organizzato, usando il
corpo, i gesti e la voce come legge, per promuovere una gestualità simbolica.
Nel 1961 la psicomotricità viene riconosciuta, in Francia, con un diploma e viene inserita nelle ‘scuole
speciali’.
Tra gli anni 60 e gli 80 la psicomotricità mette in discussione la convinzione di poter modificare la psiche
attraverso dei semplici esercizi per privilegiare ciò che si gioca tra il bambino e l’adulto. Dall’esercizio
l’attenzione si sposta al processo, e il concetto di anormalità sfuma per lasciare il posto a quello di bambino
che soffre.
Il termine psicomotricità comprare in Italia negli anni ‘60 per designare un campo di intervento rivolto
principalmente alla crescita e all’apprendimento del bambino dalla nascita fino agli 8 anni d’età (inizio
dell’età scolastica). Nonostante le resistenze, si vengono a creare nuove sensibilità e atteggiamenti nella
coscienza degli educatori diventando una condizione indispensabili per chiunque si trovi oggi a dover
operare a libello non verbale nei vari ambiti educativi.
La psicomotricità è una esperienza naturale, la forma originale del bambino di stare al mondo, di
rappresentarlo e di conoscerlo. Nei primi anni di vita il bambino vive la globalità dell’essere, che egli
sostiene quasi esclusivamente attraverso il piacere del movimento. Il bambino è un corpo: un corpo che
sente e conosce sperimentandosi all’interno di polarità e contrasti rintracciabili in ogni gioco che mette in
scena.
Con la psicomotricità si inaugura una nuova attenzione alla crescita e allo sviluppo del bambino all’insegna
del corpo vissuto, è una enfatizzazione educativa dell’empatia materna, del dialogo corporeo pre-verbale, si
definisce per la sua non–direttività e il suo non–giudizio; ci si concentra su ciò che il bambino sa fare
piuttosto che su ciò in cui è carente. Il bambino trova nell’educatore psicomotorio un partner simbolico in
grado di restituirgli la sua immagine mentre gioca, rispondendo in modo asimmetrico, analogico e
metaforico. La psicomotricità a livello globale costringe ad una nuova interpretazione del processo di
formazione.
La funzione dell’osservazione e dell’ascolto è quella di entrare in contatto con il mondo del bambino in
Adriana Morganti Sezione Appunti
Pedagogia del corpo modo da orientare efficacemente la formazione.
La psicomotricità necessita una formazione precisa dell’adulto ed esige una messa in discussione dei
modelli educativi. Il setting psicomotorio chiede all’educatore di operare a livello del corpo affinché il
bambino possa percorrere tutte le tappe che dal piacere-dispiacere senso motorio iniziale conducono
all’autonomia propria del pensiero operatorio di Piaget.
Adriana Morganti Sezione Appunti
Pedagogia del corpo 4. La pedagogia dei luoghi psicomotori di Bernard Aucouturier
Una parte fondamentale del lavoro dello psicomotricista è data dall’allestimento della sala di psicomotricità.
La sala è rivestita in legno o in moquette e dispone dei tradizionali attrezzi da palestra (spalliere, materassi,
cavalletti…). Sono presenti cuscini, tessuti colorati, parallelepipedi di gomma piuma, palloni, mattoni per
costruzioni, plastilina. Nella sala si entra senza scarpe. Qui il bambino ripercorre le dimensioni qualificanti
dell’esperienza ludica infantile. Questa esperienza avviene grazie alla delimitazione e alla strutturazione del
setting psicomotorio in tre luoghi principali: luogo del gioco senso motorio; luogo del gioco simbolico;
luogo del gioco di rappresentazione. I piani di esperienza sono stati rielaborati da Cartacci in sei aree:
1. Area del gioco tonico-emozionale: interessa il tono muscolare e implica giochi di equilibrio-disequilibrio,
rotolamenti, dondolii, scivolamenti e cadute. Il bambino qui ritrova le esperienze originarie, il primo dialogo
fatto di contatti,e lo sperimenta in una continua dinamica di contrasti attraverso proposte mirate a fargli
vivere una relazione affettiva buona, che stimoli il suo potere di iniziativa.
2. Area del gioco presimbolico: si ha la presenza di immagini interne che contribuiscono a costituire
l’esperienza di sé e del bambino. Compaiono qui gli oggetti sostitutivi dell’adulto, gli oggetti transazionali.
Si privilegia la sensibilità visiva con le nozioni di presenza – assenza e le percezioni interne. Ci si nasconde,
si costruisce e si distrugge.
3. Area del gioco senso motorio: si afferma dai 2/3 anni grazie alla maturazione neurologica che fornisce al
bambino la percezione di non essere solo corpo, ma di avere un corpo. Il bambino sa procurarsi piacere,
tutto è occasione per sperimentare i propri confini corporei e la propria capacità di contenimento e
abbandono. Il bambino salta, si tuffa, si arrampica.
4. Area del gioco simbolico: destinata al gioco di finzione. Personaggi, relazioni e fantasie vengono
inscenate attraverso l’azione della quotidianità fino alla realtà fantastica ed emozionale.
5. Area del gioco di coordinamento: il bambino privilegia il ricorso ad un uso efficace del movimento. Si
accentua in lui l’interesse verso la dimensione bio-meccanica del corpo: si cerca la misura, la competizione,
il risultato.
6. Area del gioco di rappresentazione astratta: qui si manifesta la tendenza del bambino a rappresentare
contenuti reali o immaginari. Il bambino prende distanza dall’oggetto e accede ai processi di
simbolizzazione e di astrazione. (es: il bastone diventa una spada, un cavallo, un serpente…)
Le forme che assume il gioco infantile sono rivelatrici di altrettante forme di esperienza del bambino.
L’educatore deve mostrare di saper cogliere le ripetizioni significative che il bambino manifesta attraverso il
gioco individuando gli schemi motori a esse collegate. L’educatore deve sapersi fare cassa di risonanza
tonico-emozionale di fronte a questi schemi che il bambino ripete compulsivamente per riuscire a superare
l’angoscia a essi legata.
Nel setting psicomotorio un ruolo centrale è affidato agli oggetti a disposizione del bambino. L’oggetto
psicomotorio è tale perché non strutturato, ha una flessibilità di significati che può assumere in diversi
contesti. Ogni oggetto può rappresentare qualsiasi cosa a seconda della fantasia del momento. Alcuni
significati sono comunque più frequenti e ricorrenti:
cerchi di diverse dimensioni: spazio chiuso nel quale è possibile entrare col proprio corpo, protegge o
imprigiona….
palloni di diverso diametro, forma, materiale: il seno materno, il fratellino, la sorellina…
Adriana Morganti Sezione Appunti
Pedagogia del corpo corde di diverse lunghezze e colorate: il legame che unisce, il cordone ombelicale…
tubi di cartone: fucili, spade, rapporto col padre…
cuscini: aggressione e seduzione
tessuti di vari colori/dimensioni: placenta, avvolgimento materno, intimità, protezione, travestimento…
cartoni da imballaggio: la casa, la madre…
materassoni, spalliere, specchi: si offrono come ponti
il corpo dell’educatore: può essere in prima persona oggetto di investimento simbolico dell’attività, come
sostituto del padre, la legge, o della madre, l’affettività
L’oggetto è un mediatore fondamentale della relazione del bambino con se stesso e con ciò che lo circonda,
da ciò si può capire, osservare e interpretare la narrazione che il bambino costruisce giocando.
Adriana Morganti Sezione Appunti
Pedagogia del corpo 5. La fantasmatica corporea
Il concetto di fantasma nasce da Freud: la vita interiore umana è modellata e condizionata da una
fantasmatica inconscia. C’è un trauma originario, dove il bambino alla nascita sperimenta il trauma legato ai
contrasti (caldo-freddo; vicinanza-distanza) e da quel momento in poi il neonato deve confrontarsi con la
nostalgia del piacere fusionale perduta. Da ciò nascono una serie di fantasmi. Aucouturier si focalizza sulla
tematica dei fantasmi per declinarla in ambito psicomotorio: dato che il bambino si confronta con la sua vita
intrapsichica prima di sviluppare il linguaggio verbale, i fantasmi hanno obbligatoriamente la natura del
corpo. Con la pratica psicomotoria si lavora consapevolmente sui fantasmi inconsci che creano il
movimento: i bambini non solo sfogano le loro tensioni, ma hanno la possibilità di vivere il ciclo
fantasmatico completo integrandone diversi aspetti. Si parla di fantasma d’azione, una forma di pensiero
separato dalla realtà. Nasce dalla perdita ed è quindi carico di insoddisfazioni. La finalità di questo fantasma
d’azione è quella di appropriarsi di un oggetto in base ai propri desideri per avere sicurezza affettiva, ma si
ha anche il desiderio di staccarsi per conquistare identità ed indipendenza. Per lavorare sull’ambivalenza di
questi desideri si devono tener presente alcune angosce arcaiche e il loro modo di manifestarsi:
angoscia di caduta, di essere lasciato cadere: si da la possibilità di far sperimentare al bambino la possibilità
di cadere mentre si è contenuti nell’angoscia. I bambini devono essere rassicurati, e allora amano lasciarsi
cadere dall’alto
angoscia della dissoluzione, di perdere i propri limiti: il movimento svolge una funzione di contenimento, di
contrasto alla dissoluzione della propria immagine corporea
angoscia di divorazione: collegata all’intensità fantasmatica raggiungibile durante la fase orale, è tematizzata
da moltissime favole come quella dei tre porcellini
angoscia di castrazione
angoscia di esplosione, frattura, amputazione,distruzione: si affronta con il classico abbattimento della torre
dei cuscini
I fantasmi motori si ritrovano ovunque nei giochi spontanei dei bambini, che sono elaborabili positivamente
mettendo in gioco gli stessi processi sensorio - emozionali che hanno guidato l’insorgere della dinamica
fantasmatica.
Adriana Morganti Sezione Appunti
Pedagogia del corpo